QUANDO C’ERA LUI

Presso FILARMONICA PUCCINI
visitabile venerdì, sabato e domenica dalle 15.00 alle 19.00

Eh sì, da quando nel 1922 Mussolini prende il potere e instaura il regime fascista, anche Molino del Piano assiste a una graduale trasformazione.

Le vie e le piazze cambiano nome: la centrale Piazza del Popolo diventa Piazza IX Maggio (in onore del discorso di proclamazione dell’Impero tenuto dal Duce proprio il 9 maggio 1936) e, se si vuole raggiungere Doccia, occorre passare da via Trieste.

La sede della gloriosa Filarmonica Puccini, culla della tradizione bandistica paesana, diventa la nuova Casa del Fascio, nella quale si tengono le esercitazioni per forgiare fisici sani e forti. Ogni sabato, Figli della Lupa, Balilla, Piccole e Giovani Italiane, sfilano lungo via Fosso di Sieci, attraversano il paese e sfociano nello slargo di Piazza Vittorio Emanuele, per tutti il Piazzone. Qui, sorvegliati dagli istruttori e dal corpo docenti della  nuova scuola elementare, bambini e ragazzi si esibiscono in complicati saggi ginnici e canti osannanti al Duce che si dice vegli sul loro futuro.

Intere scolaresche vengono ritratte in divisa o mentre si apprestano a raggiungere la colonia elioterapica organizzata alla Fonte del Mazzanti.

I giovani fascisti dallo sguardo fiero posano orgogliosi in camicia nera e appuntano i distintivi del PNF ben in vista. Le donne esibiscono invece stuoli di pargoli, aderendo al dettame supremo che le sprona a “dare i figli alla Patria”.

Durante il Ventennio fascista, una serie di avvenimenti stupiscono, rattristano o colmano d’orgoglio i molinensi.

Il 30 maggio 1926 il Principe Umberto di Savoia, di passaggio per queste lande, trova il tempo di inaugurare il monumento ai Caduti. Per l’occasione il paese si veste a festa: bandiere tricolori disseminate ovunque, ghirlande a ogni finestra, gente fin sui tetti e una pioggia di petali di rosa accolgono il rampollo reale.

Frido Fattori, figlio del fattore di Torre a Decima e fratello del più longevo Lido, cade insieme al suo aereo nel cielo di Bornate, lasciando nei compaesani un sottile rammarico per quel giovane coraggioso che, tra una licenza e l’altra, non disdegna di suonare il violino.

In paese si susseguono uno dopo l’altro gli avvenimenti sportivi, in particolare quelli ciclistici e podistici. Del resto, non è forse Lui che ha detto “La poltrona e le pantofole sono la rovina dell’uomo”? Ma aumentano anche le intimidazioni fasciste e ci si rintana in casa alla vista di un manganello.

Un mattino rimbalza la notizia del vile agguato a Ferdinando Conti, da tempo nel mirino dei camerati. Il fiorentino è un acceso antifascista e collabora in segreto con don Montecchi per salvare la vita a soldati renitenti e a famiglie ebree in fuga dalla persecuzione nazista. Sorpreso nella stanzuccia di via Fratelli Carli presa in affitto dai coniugi Mordini, riesce a fuggire nascondendosi nella stalla del Mannino. Ma le orme lasciate sulla neve fresca conducono gli inseguitori dritti alla meta. Per lui non c’è scampo. E’ il 23 febbraio 1944, mercoledì delle Ceneri.

Il paese è attonito e sbigottito, la paura ora regna sovrana. Ma quando LUI cade, il fascismo cade con lui. Come l’araba fenice, la libertà risorge dalle proprie ceneri e questo sarà un gran sollievo per tutti. 

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con il contributo di
In Collaborazione con

Circolo ARCI La Torretta - Filarmonica G. Puccini - Circolo MCL - ASD Molinense - Parrocchia di S. Martino

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